FATTORIA SOCIALE E PARCO ETOLOGICO: UN MODELLO DI ECONOMIA CIVILE PER RENDERE I TERRITORI ATTRAENTI E INCLUSIVI - Universitas Forum, Vol. 5, No. 1, May 2016
IN PRACTICA
FATTORIA SOCIALE E PARCO ETOLOGICO: UN MODELLO DI ECONOMIA CIVILE PER RENDERE I TERRITORI ATTRAENTI E INCLUSIVI


Salvatore Esposito, Adriana Maestro *

La Crisi strutturale del pianeta. Dall’homo oeconomicus all’homo reciprocans

Le comunità locali vivono una crisi economico-finanziaria gravissima generata dalla supremazia di potere della finanza sull’economia reale. Una finanza che non è per niente al servizio dell’economia e delle attività umane. I territori affrontano anche una crisi ambientale conseguente al crollo del rapporto consumi infiniti-risorse finite con una depauperazione ambientale ineluttabile per l’inquinamento e la mancanza di risorse alimentari per tutti. L’umanità è direttamente responsabile di questa catastrofe autodistruttiva. Le persone, le famiglie e le comunità subiscono, poi, una crisi sociale devastante per l’allargamento progressivo della forbice tra popolazioni ricche e popolazioni escluse e in condizione di crescente povertà1 – alimentazione, reddito, aspettativa di vita –. Vi è inoltre un nuovo processo di esclusione dalle nuove conoscenze e dalle nuove tecnologie di comunicazione e di controllo delle energie che non è più solo un allarme democratico e politico ma etico e di civiltà. La crisi economico-finanziaria, la crisi ambientale e la crisi sociale, dunque, s’intrecciano e si autoalimentano in una crisi strutturale di modello di sviluppo.

«Sulla via del meno stato più mercato […], la riduzione della spesa sanitaria, la privatizzazione dei beni essenziali, […] dell’istruzione, la pratica della guerra per portare pace sono solo degli esempi di come in questi anni le trasformazioni, di fatto, siano avvenute in una direzione […] che disegna il volto […] di una società in cui lo Stato interviene sempre meno e in ultima istanza, lasciando apparente libertà di azione ai privati cittadini, di fatto lasciando sempre più gioco al libero mercato, allo sfruttamento e alla miseria. […] La politica ha imboccato la via della neutralità tecnocratica che nasconde, occulta il comando economico. Questo primato dell’homo oeconomicus, indubbiamente, riduce la politica a una gestione di interessi, interessi che purtroppo sono sempre più esclusivamente individuali – corporativi, finanziari, lobbistici – piuttosto che collettivi e ispirati al bene comune dell’umanità e del pianeta» (Maestro, 2016).

Insomma, una crisi strutturale nel mondo, in Europa, in Italia, in particolare nei territori del Mezzogiorno. Con quale sapere, quale partecipazione, quale responsabilità, quale mutamento di coscienza e di cuore si può provare a costruire un’alternativa a questo modello di sviluppo? Nello scenario delle crisi finanziarie, nelle bolle dei mercati, negli interessi sui titoli derivati, nell'evasione fiscale, nei mercati grigi della finanza a copertura degli interessi delle mafie, delle camorre, di tutte le criminalità organizzate del mondo vi è una mano ben visibile che lascia la propria indelebile interessata impronta egoistica sui destini del mondo. È ormai a disposizione di tutti una vasta letteratura economica, politica e sociale che nega la indispensabile priorità razionalistica dell’homo oeconomicus e l’ossessione del possesso e dell’utilità indispensabile del profitto per ridestare nuovi valori come la dignitas hominis, l’amore e la verità (Ordine, 2013).

Formazione con Luciano Carrino alla fattoria Isca delle donne

C’è una autorevolissima letteratura scientifica, nata nelle ricerche applicate del welfare di comunità e della finanza etica, che proprio a partire dalle esperienze di partecipazione sociale e di sostenibilità delle nuove economie territoriali, dagli studi empirici e sperimentali del microcredito, del commercio equo e solidale, dell’agricoltura sociale e delle filiere commerciali corte ed etiche, impone un ripensamento dei fondamenti dell’economia classica e del suo mainstream. I premi Nobel assegnati a Daniel Kahneman e a Muhammad Yunus sono la prova che anche il mondo accademico mondiale, liberato dalle contrapposizioni ideologiche del Novecento, sente la necessità di abbandonare il paradigma dell’homo oeconomicus per affrontare la sfida di civiltà dell’homo reciprocans (Becchetti et al., 2014).

Innovazione e inclusione. Dal welfare risarcitorio all’economia civile

Il tema dell’innovazione nelle politiche sociali è oggi centrale in Europa, ancor di più per i mutamenti globali delle condizioni di vita delle persone e per le conseguenze della crisi economico-finanziaria strutturale. Ciò da un lato sta creando nuovi bisogni e nuove povertà e, dall’altro, sta determinando tagli di investimenti e inadeguatezza dei sistemi classici di welfare state. Pertanto, l’effettivo esercizio dei diritti, una nuova, efficiente ed efficace, strategia di community welfare e un modello di produzione e di sviluppo sostenibile sono la nostra vera sfida. Queste tre questioni, però, non sono più separabili e vanno affrontate in modo integrato.

Con la Strategia EU 2020 il Consiglio Europeo ha, infatti, rafforzato la dimensione sociale delle politiche economiche e per l’occupazione, inserendo tra gli obiettivi anche la lotta alla povertà e all’esclusione sociale: 20 milioni di persone da far uscire dalla condizione di povertà o esclusione sociale entro il 2020. L’Italia nei propri Piani Nazionali di Riforma si è posta l’impegno di ridurre entro il 2020 di 2,2 milioni le persone che vivono in condizioni di povertà o di esclusione sociale. La strategia Europa 2020 mira a una crescita che sia: intelligente, grazie a investimenti più efficaci nell’istruzione, la ricerca e l’innovazione; sostenibile, grazie alla decisa scelta a favore di un’economia a basse emissioni di CO2; e inclusiva, ossia focalizzata sulla creazione di posti di lavoro e sulla riduzione della povertà. La strategia s’impernia su cinque ambiziosi obiettivi riguardanti l’occupazione, l’innovazione, l’istruzione, la riduzione della povertà e i cambiamenti climatici/l’energia. Del resto, la stessa adozione degli obiettivi dell’Agenda ONU verso il 2030 va nella stessa direzione, soprattutto con il riconoscimento del fatto che per conseguire uno sviluppo sostenibile occorrono progressi simultanei su tre fronti, ossia affrontare gli aspetti economici, sociali e ambientali nel loro insieme, in modo integrato.

In Italia, il Sistema dei Servizi Sociali è prerogativa dei servizi nazionali e regionali, quindi degli Enti pubblici, che però spesso affidano la loro erogazione e organizzazione al terzo settore, secondo il principio della sussidiarietà. Le risorse finanziarie dedicate e la rete istituzionale locale di programmazione sono però assolutamente insufficienti e fragili, in particolare nel Mezzogiorno. In questo contesto, la situazione della Campania è in linea con quella delle altre regioni del Sud, per molti versi peggiore. La crisi economico-finanziaria ha acuito la vulnerabilità e ha generato un impoverimento non più solo materiale ma anche immateriale, di prospettiva, di conoscenza, di speranza di ampie fasce di popolazione (pensiamo al fenomeno delle nuove povertà, alla difficile condizione dei giovani e delle donne), ma ha anche determinato importanti conseguenze sul piano culturale e sociale, in quanto ha alimentato l’indebolimento dei legami e delle relazioni.

La rottura della mobilità e della interdipendenza sociale ha prodotto una cesura spirituale fra le generazioni, in particolare del Sud, determinando la perdita della speranza. Un particolare tipo di speranza, quella intergenerazionale. Per la prima volta nella storia dal dopoguerra, tre generazioni assieme si appoggiano sulle sicurezze sociali, sulla casa, sul lavoro, sulle pensioni e il reddito di una sola di esse, quella degli anziani. Di fronte a questa crisi strutturale del welfare locale, bisogna promuovere e attivare processi di cambiamento e di trasformazione a partire dal basso, dai territori, promuovendo strategie economiche territoriali che abbiano qualità di coesione sociale. Bisogna assumere: a. un nuovo sguardo sociale; b. una nuova integrazione istituzionale e locale per promuovere economia civile; c. una nuova qualità della presa in carico delle persone.

Un nuovo sguardo sociale. Per cercare di far fronte a queste criticità è necessario pensare ai sistemi di welfare non più in una logica assistenziale/residuale ma in una logica innovativa, garantendo sia i livelli essenziali di assistenza che la trasformazione economica e il cambiamento culturale dei territori. Si tratta di abbandonare, dunque, la filosofia del welfare tappabuchi che spesso fornisce servizi di scarsa qualità, “stop and go”, e sempre insufficienti rispetto alla domanda e al bisogno. È necessario che i destinatari dei servizi diventino protagonisti della loro emancipazione, realizzando una loro inclusione attiva.

Una nuova integrazione istituzionale e locale per promuovere economia civile. È indispensabile, inoltre, una nuova alleanza tra enti pubblici - sia con potestà legislativa primaria sulla programmazione che con compiti sussidiari di gestione dei servizi sociali - e soggetti privati, come le organizzazioni del terzo settore che da anni materialmente organizzano e forniscono servizi alle persone. L’alleanza tra enti pubblici, enti qualificati del terzo settore, soggetti altamente qualificati e socialmente responsabili del privato profit e enti di ricerca, quali le università, può essere sicuramente di grande efficacia e costituire modelli replicabili di partnership innovative. È necessario, dunque, promuovere l’ECONOMIA CIVILE come «attività economica nella quale la produzione o lo scambio dei beni e servizi sia finalizzata alla realizzazione di un bene comune» (Laboratorio Nazionale di Nuova Economia, 2013).

Una nuova qualità della presa in carico delle persone attraverso la strategia del Case Management e del PTRI. Il Sistema Integrato dei servizi sociali non può più essere centrato sulla retta di riabilitazione uguale per tutti e sulla cura sanitarizzata e cronicizzata. La presa in carico personalizzata centra invece l’attenzione sui bisogni veri di autonomia e sulla qualità della vita della persona. La strategia del to care, il budget di cura associato ai bisogni di casa dignitosa, di vita autonoma e di accompagnamento personalizzato (PTRI - Piani Terapeutico Riabilitativi Individualizzati) costa meno del to cure sanitarizzato. L’attivazione delle risorse di comunità rende l’intervento sociale più efficiente e più efficace. La stessa ultima legge regionale della Campania sull’agricoltura sociale indica la strategia dei PTRI come elettiva per garantire le qualità inclusive delle fattorie sociali.

Agricoltura Sociale e Welfare di Comunità. Rigenerazione dell’Habitat e inclusione sociale. Due esempi concreti: La fattoria sociale e il parco etologico a Pratola Serra (AV)

In questo quadro, l’agricoltura sociale si può rivelare una straordinaria forma di economia territoriale inclusiva e rigenerativa dell’habitat. Un nuovo modello di agricoltura sociale che privilegia i prodotti tradizionali locali, il genius loci e, contemporaneamente, l’inclusione, intesa come valorizzazione delle capacitazioni – capabilities – delle persone in quanto cittadini/e del territorio; come miglioramento delle loro condizioni abitative e di autonomia, di relazione e di formazione/lavoro. Due esempi concreti di questo modello sono la Fattoria Sociale Isca delle donne e il Parco Etologico a essa contiguo – il primo parco etologico del Mezzogiorno – nel Comune di Pratola Serra (Avellino). Insieme costituiscono un programma integrato territoriale di sviluppo sostenibile per la promozione dell’agricoltura sociale e della zoo-antropologia, promosso ed implementato da una rete di cooperative e soggetti del terzo settore – uniti nella società consortile Mediterraneo Sociale – in forte sinergia con l’ente locale (Accordo di programma tra il Comune di Pratola Serra e Mediterraneo Sociale con delibera 17.01.2011). Un esempio di co-gestione virtuosa fra terzo settore e servizio pubblico per una vera sussidiarietà integrata con funzioni ben distinte di programmazione partecipata, di gestione e di controllo, fra pubblico e privato sociale. Un esempio di economia civile che rigenera l’habitat con qualità economiche generative di coesione sociale e buona occupazione, di buona dimensione urbanistico-architettonica.

Fattoria sociale Isca delle donne

La fattoria sociale Isca delle donne, iscritta al Registro delle fattorie sociali della Regione Campania, col numero 1, svolge attività agricola e zootecnica, favorendo la coltivazione locale di prodotti tipici e promuovendo la filiera corta nella vendita dei prodotti. Come impresa agricola produttiva, assume l’agricoltura multifunzionale anche come modello inclusivo delle fasce deboli della popolazione. Diventa, così, un’impresa sociale inserita nel filone dell’economia civile territoriale. Un’azienda agricola sociale può essere il luogo dove i “valori di solidarietà e mutuo aiuto” rappresentano un contesto potenzialmente inclusivo di soggetti fragili. L’azienda agricola, infatti, si caratterizza per una duttilità e una versatilità che difficilmente si riscontrano in unità produttive di settori extra-agricoli. Gli ordinamenti produttivi della fattoria possono essere scelti tra un ventaglio molto ampio di possibilità che include, ad esempio, attività in pieno campo e al coperto, di coltivazione e di allevamento, a ciclo breve o a ciclo lungo.

Diversi altri aspetti rendono la fattoria sociale assolutamente unica in percorsi di inclusione di soggetti deboli: il senso di responsabilità che matura quando ci si prende cura di organismi viventi, i ritmi di produzione non incalzanti, la non aggressività delle piante e di molti animali da allevamento, la varietà dei lavori, quasi mai ripetitivi, la consapevolezza che tutti, anche coloro che svolgono mansioni minori o marginali, sono partecipi del risultato finale, un bene alimentare, la cui utilità è agevolmente riconoscibile. Le fattorie sociali possono essere inoltre tanto urbane che rurali, con caratteristiche e opportunità di multifunzione differenti. Il modello di fattoria urbana ha una multifunzionalità urbana e distrettuale. Può puntare su attività come orti sociali, botteghe, centri sociali polifunzionali, centri sportivi. La fattoria rurale, invece, su attività agricole multifunzionali e parchi etologici, centri polifunzionali diurni e residenziali, polifunzioni sociali (agio/disagio) di natura residenziale.

Quadro legislativo Agricoltura Sociale in Campania

Legge regionale n. 5 del 30 marzo 2012: Norme in materia di agricoltura sociale e disciplina delle fattorie e degli orti sociali e modifiche della legge reg. del 7 marzo 1996 n.11

Legge regionale n. 6 - 2012 - Riconoscimento della dieta mediterranea

Regolamento “Norme in materia di agricoltura sociale e disciplina delle fattorie e degli orti sociali”, del 17 settembre 2014 in attuazione della Legge R. n. 5 del 30 marzo 2012:

  • REFAS (Registro regionale delle Fattorie Sociali della Campania)
  • REOS (Registro regionale degli Orti sociali della Campania)
  • Osservatorio regionale sull’agricoltura sociale

Sulla base di questo modello di legislazione regionale, il Parlamento italiano ha approvato un importante testo quadro nell’agosto 2015 – legge 141/2015 – che promuove l’agricoltura sociale quale aspetto della multifunzionalità delle imprese agricole finalizzata allo sviluppo di interventi e di servizi sociali, socio-sanitari, educativi e di inserimento lavorativo in tutto il territorio nazionale, e in particolare nelle zone rurali e svantaggiate.

Nella tabella seguente, riportiamo l’analisi SWOT tratta dal business plan della Fattoria Sociale Isca delle donne.

Analisi SWOT
BUSINESS PLAN Fattoria Sociale Isca delle donne
Progetto per la promozione di Economie Sociali Territoriali e Cultura Materiale Mediterranea

Punti di forza

  • Alta qualità dei prodotti agricoli
  • Capacità di fare rete
  • Rispetto ambientale, consapevolezza del legame inscindibile tra rispetto per l’ambiente e qualità dei risultati produttivi
  • Caratteristiche del contesto operativo agricolo che sollecita una maggiore consapevolezza delle dimensioni del tempo e dello spazio e offre una varietà di compiti e mansioni adattabili a differenti livelli di abilità e competenze
  • Multifunzionalità dell’agricoltura
  • Forte motivazione interna, connessa a un buon livello di condivisione
  • Modalità di lavoro in equipe multidisciplinari
  • Potenzialità delle pratiche riabilitative
  • Accordi di programma con vari enti
  • Autonomia energetica con il solare termico e fotovoltaico

Minacce

  • Burocrazia, standardizzazione, perdita di sistemi di valori originali
  • Rischio di immobilismo istituzionale
  • Caduta di interesse e di motivazione
  • Comportamenti opportunistici
  • Livello di aspettative alto da parte di operatori/utenti

Punti di debolezza

  • Alta qualità dei prodotti agricoli
  • Capacità di fare rete
  • Rispetto ambientale, consapevolezza del legame inscindibile tra rispetto per l’ambiente e qualità dei risultati produttivi
  • Caratteristiche del contesto operativo agricolo che sollecita una maggiore consapevolezza delle dimensioni del tempo e dello spazio e offre una varietà di compiti e mansioni adattabili a differenti livelli di abilità e competenze
  • Multifunzionalità dell’agricoltura
  • Eccessiva dipendenza dai finanziamenti pubblici
  • Competitività aziendale limitata
  • Assenza di un quadro giuridico specifico sulla materia
  • Carenze sul piano delle capacità imprenditoriali e gestionali, in particolare sul piano della programmazione di medio-lungo periodo
  • Poco strutturata comunicazione esterna, quindi difficoltà di accesso ai mercati; incerta distinzione tra i ruoli e basso riconoscimento delle singole professionalità
  • Monitoraggio difficoltoso
  • Implementazione complessa
  • Remunerazione degli operatori legata alle progettualità
  • Necessità di affiancare alla produzione agricola altre attività per la sostenibilità economica

Opportunità

  • Accresciuta sensibilità sociale alle tematiche proposte
  • Nuovo quadro giuridico; riconoscimento più ampio e maggiore sostegno alle iniziative
  • Passaggio da un modello medicalizzato a uno sociale (individuo invece di paziente); integrazione nella comunità (presa in carico da parte della comunità);
  • Accresciuta credibilità/immagine delle potenzialità dell’agricoltura
  • Remunerazione operatori/utenti legata alla produttività

Il Parco Etologico di Isca delle donne è un canile sanitario/rifugio – ormai in fase di ultimazione – per l’accoglienza di cani e animali di affezione abbandonati e/o randagi. La struttura ha caratteristiche polifunzionali di parco etologico per la qualità dell’habitat immaginato a garanzia di un rapporto sostenibile e vitale uomo-natura-animale, secondo i principi della moderna zoo-antropologia. Si tratta del primo parco etologico in Campania e nel Mezzogiorno. Il parco è una struttura produttiva che prevede convenzione con le Asl e i Comuni per affrontare il problema del randagismo. Il modello di riferimento è una struttura di agorà zoo-antropologica che, nell’ambito della fattoria sociale, favorisce il rapporto uomonatura- animale. Il Parco è stato finanziato con fondi europei – (POR Campania FESR 2007/2013 fondi europei del Parco progetti) – assegnati dalla Regione Campania alla Provincia di Avellino per la realizzazione su un terreno della Diocesi di Avellino reso disponibile per 70 anni alla pubblica amministrazione e vincolato alla destinazione d’uso sociale ed etologica. Può accogliere anche altri animali, promuovendo così la funzione della stalla produttiva contadina che favorisce il ciclo armonioso della vita e dell’ambiente, senza generare rifiuti tossici e utilizzando i doni naturali degli animali, dal latte alla compagnia e promuove inclusione per i disabili.

Campi estivi alla fattoria Isca delle donne

La fattoria sociale e il parco etologico, nell’ambito di una strategia generale di programmazione che parte dal Distretto Integrato Territoriale, inteso come area di programmazione territoriale – sociale, sanitaria, formativa, etc. – integrata, costituiscono un modello esemplare e replicabile di questo nuovo rapporto fra welfare di comunità, agricoltura sociale ed economia civile. In una logica naturale di convivenza e di solidarietà attiva, raggiungono rapidamente anche l’obiettivo dell’inclusione sociale. L’approccio metodologico della fattoria e del parco è fondato sul training group e sul sistema di partecipazione attiva. La gestione della produttività dell’impresa è di tipo cooperativistico. La collocazione della cooperativa nell’ambito di una più vasta rete di soggetti organizzati in società consortile – Mediterraneo Sociale – garantisce i servizi amministrativi e di management, le attività supervisive e gli investimenti strutturali.

Queste buone pratiche di eccellenza, correlate anche all’uso produttivo dei beni confiscati alla camorra, promuovono il virtuoso legame economico, culturale e sociale tra welfare dei beni sociali e welfare dei servizi sociali. Il Mezzogiorno può rinascere da queste reti produttive e inclusive. Mediterraneo Sociale sta valorizzando e intende valorizzare tante di queste forme di produzione sociale sostenibile. L’autonomia energetica, la strategia di costruzioni rurali e urbane, l’uso dei materiali riciclabili come il vetro e il legno, l’assetto urbanistico e paesaggistico sono correlati con questo approccio etologico ed ecologico. Proprio in queste strutturazioni territoriali di sviluppo sostenibile si costruiscono le qualità attraenti e inclusive dei territori. Si tratta, infatti, di sostituire «il tradizionale approccio per progetti settoriali separati (attività economiche, salute, educazione, ambiente, diritti, ecc.) con l’approccio territoriale a livello locale […] con metodi che mobilitano gli attori sociali sia nella programmazione che nell’esecuzione delle attività […] stimolando le popolazioni locali a scambiare le proprie esperienze con uguale dignità e per il reciproco vantaggio» (Carrino, 2014).

Un esempio di formazione integrata per nuovi lavori: il Master di 2° livello per Manager di Imprese Agro-sociali e di Reti Territoriali

La cifra dell’inedito nell’idea della formazione per il lavoro è proprio in questa coesione di economie reali, sostenibili e riproducibili, con l’obiettivo non di «costruire o preservare oasi nel deserto del mercato mondiale ma di moltiplicare le esperienze di ri-territorializzazione e di estendere progressivamente la rete degli “organismi” sani per fare indietreggiare il deserto o renderlo fecondo» (Latouche, 2015), lavorando localmente e pensando globalmente. Questi modelli di imprese agro-sociali – profit e non profit – diventano, simbolicamente, luoghi della manutenzione del mondo, promuovendo un nuovo rapporto fra produzione e territorio, fra agricoltura, benessere delle comunità e qualità della vita. Tutto ciò richiede un nuovo impegno formativo e produttivo, fortemente integrato e partecipato, da parte delle istituzioni pubbliche, delle imprese e in particolare delle università per una nuova Alta Formazione Integrata.

Tassello indispensabile per la promozione e l’implementazione di nuove pratiche economiche di sviluppo dei territori è senza dubbio la formazione universitaria. Il Master per “Manager delle Imprese Agro-sociali e delle Reti Territoriali” nasce proprio dall’incontro e dalla proficua collaborazione scientifica e culturale tra il Dipartimento DEMM dell’Università del Sannio e Mediterraneo Sociale. Mission del Master è formare persone che sappiano gestire in modo integrato l’utilità sociale, l’economicità e la qualità dei servizi in un’ottica di efficacia, efficienza e sostenibilità. I manager delle imprese agro-sociali e delle reti territoriali devono essere forza propulsiva qualificata nella promozione, proprio a partire dal Mezzogiorno, dei legami di produttività, di responsabilità, di comunità e di legalità. Pensiamo che sia necessario affrontare la crisi strutturale proprio a partire da questa coesione culturale e produttiva, da questa nuova responsabilità sociale di impresa e di comunità e in particolare, elettivamente nei territori del Mezzogiorno, attraverso l’impresa agricola multifunzionale e multivalore. I manager devono governare e far crescere imprese sociali: etiche e solidali, competitive e innovative, locali o globali, siano esse imprese agricole, cooperative, società, ONG, organismi internazionali. In fondo si tratta di recuperare quell’economia della felicità e della reciprocità di cui, già nella seconda metà del ‘700, parlava Antonio Genovesi, certo precursore della moderna economia civile.

È necessario ritornare al mondo della vita quotidiana le cui esigenze, problematiche, complessità, non possono essere trascurate, ma devono diventare la base per il pensiero economico sociale e culturale contro la crisi. Come scrive J. Maynard Keynes, uno dei più autorevoli economisti del XX secolo, «non è lontano il giorno in cui il problema economico passerà in secondo piano, che è quello che gli compete, e l’arena del cuore e della testa sarà occupata, o rioccupata, dai nostri problemi reali, i problemi della vita e delle relazioni umane» (Keynes, 1945-6) Bisogna pensare a percorsi che riportino l’attenzione sulla vita e sulle sue scansioni materiali non per restarne prigionieri e senza pensiero ma per elaborare un pensiero che non censuri, anzi, la concretezza del vivere, del nutrirsi, del prendersi cura di sé, degli altri e della natura. In questo senso, riportare la parola “economia” alla sua radice etimologica di “disciplina che si occupa delle leggi che governano l’ambiente domestico”, come ci insegna Ina Praetorius. «‹Cura› non viene qui intesa nel senso restrittivo di lavoro di accudimento, ma nel senso più ampio di cura per il mondo, preoccupazione per il mondo attraverso l’impegno per una trasformazione culturale. Ma la novità importante è che non si dice: le attività di cura sono da considerarsi anch’esse attività economiche, hanno anch’esse una valenza economica, bensì, in maniera ben più radicale: l’economia è cura» (Maestro, 2016).

Lezione inaugurale di Serge Latouche al master MIART

Donne e uomini nell’economia della reciprocità. Comunità Locali Sostenibili

I fatti, i dati economici delle nostre aziende – fatturato e stabilità dei rapporti di lavoro – e, soprattutto, gli indicatori di qualità delle relazioni e della coesione della nostra rete di imprese sociali, i grandi processi di cambiamento dei modelli culturali ed economici avviati ci stanno dando ragione. È un nuovo modo di rispondere alla crisi globale a partire da una pianificazione integrata nei Distretti Integrati Territoriali, da nuove economie inclusive e generatrici di coesione sociale e buona occupazione. Il lavoro di comunità strutturato nell’economia civile, dentro un sistema finanziario etico risponde efficacemente ed efficientemente alla domanda di futuro dei giovani. Un diverso uso del tempo, dei modi e dei contenuti della produzione resi compatibili con la qualità della ri-produzione e della vita.

La qualità strutturale della crisi che abbiamo analizzato, il necessario contrasto, ideale e spirituale, rispetto alle bugie del Novecento sulla crescita infinita, la promozione di reali processi di cambiamento, ideali, culturali e materiali, per realizzare la grande trasformazione, ci devono ricondurre a una proposta concreta di Comunità Locale Sostenibile. A un modello di vita e di economia che non dobbiamo rimandare al futuro ma che dobbiamo applicare oggi per garantire la vita del pianeta e quella dei nostri figli in territori attraenti e inclusivi non solo per sostenibilità etologica ma anche per bellezza ecologica. «Le Comunità Locali Sostenibili raggiungono certamente un obiettivo economico promuovendo nuova e buona occupazione nella riconversione industriale, nell’agricoltura sociale che rispetta il genius loci, nella valorizzazione delle arti e delle scienze, nella ricerca-azione sostenibile. Sono anche, però, nuove opportunità di cittadinanza e partecipazione, nuovi modelli istituzionali territoriali di democrazia che raccolgono la sfida della globalizzazione senza logiche distruttive dei beni comuni e universali. Modelli comunitari inclusivi che danno alla stessa protezione sociale il profondo valore di liberazione del desiderio prima ancora che di risposta al bisogno»2. Nella comunità locale a cui pensiamo e nelle nostre esperienze di buone pratiche l’obiettivo di vita buona per tutte e per tutti si pone all’orizzonte a partire dalle relazioni e ripensando le relazioni, assumendo la vulnerabilità e l’interdipendenza non come precarietà da superare ma come condizione stessa dell’esistenza vivibile. «Se devo vivere una vita buona sarà una vita vissuta insieme agli altri, una vita che non può essere chiamata vita senza gli altri […], poiché la mia dipendenza dagli altri e la mia “dipendibilità” sono necessarie a vivere, e a vivere bene»3.


Riferimenti bibliografici

Banerjee, A. V., Duflo, E. (2011) “Poor Economics: A Radical Rethinking of the Way to Fight Global Poverty”. New York: Public Affairs
Becchetti, L., Bruni, L., Zamagni, S. (2014) “Dall’Homo oeconomicus all’Homo reciprocans”. Bologna: Il Mulino
Butler, J. (2013) “A chi spetta una buona vita?”. Roma: Nottetempo Carrino, L. (2014) “Lo sviluppo delle società umane tra natura, passioni e politica”. Milano: Franco Angeli
Commission Communication (2010) EUROPE 2020. “A strategy for smart, sustainable and inclusive growth”, COM (2010) 2020 final, Bruxelles 3.3.2010
Esposito, S. (2015) “Acciuffare la luna. Comunità Locali Sostenibili. Donne e uomini nell’economia della reciprocità”. Casalnuovo di Napoli: IOD edizioni
Frassineti, C. (1993) “La mano visibile, per una economia della liberazione”. Bari: Edizioni la Meridiana
Keynes, J. M., “First Annual Report of the Arts Council” (1945-1946)
Laboratorio Nazionale di Nuova Economia (2013) “Ricostruiamo il futuro. Dal pensiero di Antonio Genovesi pratiche d’impresa oltre la crisi”. http://www.bancaetica.it/sites/bancaetica.it/files/web/progetti_speciali/nuova%20economia/ricostruiamo%20il%20futuro%20-%20ricerca%20su%20nuova%20economia%20-%20completa.pdf
Latouche, S. (2015) “Acciuffare la luna. Comunità Locali Sostenibili. Donne e uomini nell’economia della reciprocità”, Introduzione a S. Esposito. Casalnuovo di Napoli: IOD edizioni, p. 29.
Ordine, N. (2013) “L’utilità dell’inutile”. Milano: Bompiani
Praetorius, I. (2011) “Penelope a Davos. Idee femministe per un’economia globale”. Milano: Libreria delle donne di Milano http://www.libreriadelledonne.it/pubblicazioni/penelopea-davos-idee-femministe-per-uneconomia-globale/
Praetorius, I. (2016) “L’economia è cura. La riscoperta dell’ovvio” (curatela e traduzione di Adriana Maestro). Casalnuovo di Napoli: IOD edizioni


* Salvatore Esposito è presidente di Mediterraneo Sociale scarl.
Adriana Maestro è presidente dell’associazione Giancarlo Siani e responsabile del Centro studi Mediterraneo Sociale scarl.

1 La cosiddetta trappola della miseria di cui parlano Cesare Frassineti in (1993) La mano visibile, per una economia della liberazione. Bari: Edizioni la Meridiana; Carlo Cefaloni nella Campagna nazionale Miseria Ladra; Abhijit Vinayak Banerjee e Esther Duflo in (2011) Poor Economics: A Radical Rethinking of the Way to Fight Global Poverty. New York: Public Affairs; e altri.

2 Esposito S. (2015) Acciuffare la luna, cit., p. 142.

3 Butler J. (2013) A chi spetta una buona vita?. Roma: Nottetempo, pp. 61-62.

Universitas Forum, Vol. 5, No. 1, May 2016





Universitas Forum is produced by the Universitas Programme of the KIP International School (Knowledge, Innovations, Policies and Territorial Practices for the UN Millennium Platform).

Site Manager: Archimede Informatica - Società Cooperativa