IL GENDER BUDGETING (BILANCIO DI GENERE): UNA SFIDA PER LA CITTÀ METROPOLITANA DI MILANO - Universitas Forum, Vol. 5, No. 1, Maggio 2016
IN PRATICA
IL GENDER BUDGETING (BILANCIO DI GENERE):
UNA SFIDA PER LA CITTÀ METROPOLITANA DI MILANO


Arianna Censi *

Premessa

Le politiche sociali ed economiche non sono neutrali poiché il diverso ruolo di uomini e donne nella famiglia e nella società origina diverse esigenze nella tipologia di servizi offerti dalle Amministrazioni Comunali, soprattutto quelli che meglio sostengono la conciliazione tra lavoro e famiglia.

Attraverso l'analisi di genere del bilancio, gli Enti Locali possono sviluppare nuovi e più efficaci strumenti di programmazione delle politiche locali, secondo le indicazioni europee in materia di gender mainstreaming nella promozione dello sviluppo locale, e favorire la partecipazione adeguata di uomini e donne, offrendo una lettura trasversale dell'operato dell'Ente in tutte le sue principali funzioni. Le finalità perseguite dal bilancio di genere (maggiore efficacia, efficienza, trasparenza e consapevolezza) permettono, inoltre, di inserire questo strumento nel contesto del bilancio sociale, con un obiettivo specifico che garantisce una lettura delle esigenze articolate secondo i diversi bisogni di uomini e donne.

Questo articolo è il risultato di un progetto promosso nella ex Provincia di Milano (ora Città metropolitana) volto a diffondere pratiche di analisi di genere dei bilanci comunali. Attraverso il sostegno all'adozione del bilancio di genere nei Comuni del territorio, abbiamo inteso promuovere e stimolare un'azione decisa di mainstreaming di genere nell'ambito delle politiche locali. L'analisi di genere dei bilanci è, infatti, un importante strumento di analisi delle politiche di allocazione delle risorse di un Ente, che aiuta le Amministrazioni Pubbliche a verificare come siano in grado di rispondere ai bisogni - espressi e non - delle cittadine e dei cittadini e in quali condizioni di efficacia e di efficienza economica si svolgano tali risposte.

Il bilancio di genere come strumento di governo

Nel quadro democratico e istituzionale proprio di ogni ente pubblico, l'azione politica di governo vede come destinatario ultimo di ogni intervento il "cittadino", inteso spesso in un'accezione talmente ampia da indurre a ritenerlo una "entità astratta". In realtà ogni politica pubblica, soprattutto se di carattere economico, va a interessare o colpire di volta in volta differenti fasce sociali o di popolazione, le cui caratteristiche le rendono destinatarie dell'intervento specifico. Le politiche economiche non sono, quindi, neutre, ma impattano in misura differenziata sulla cittadinanza. Spesso è immediato intravedere i destinatari delle politiche pubbliche, soprattutto a livello locale: anziani, disoccupati, persone in stato di disagio, bambini. Per leggere l'attività di un ente rispetto a tali destinatari è possibile disporre di strumenti di analisi appropriati: si pensi ai bilanci sociali, ai bilanci partecipati, ai bilanci ambientali, agli Osservatori per l'infanzia o per gli anziani. Fino a pochi anni fa, nel panorama nazionale mancava completamente una lettura di genere di tali strumenti, cioè una valutazione delle politiche pubbliche rispetto alle donne e agli uomini. Il bilancio di genere si propone di colmare tale lacuna.

L'analisi di genere del bilancio consiste, infatti, nella riclassificazione delle voci di bilancio di un ente pubblico per aree direttamente o indirettamente sensibili al genere. Leggere un'azione di governo con l'ottica di genere vuol dire essere consapevoli delle differenze personali, familiari, sociali, lavorative ed economiche che insistono su donne e uomini e saper valutare, anche dal punto di vista dell'impatto economico e sociale, come gli stili di vita, le diverse esigenze e preferenze che ne caratterizzano l'agire quotidiano, determinano un impatto differenziato rispetto a un intervento pubblico.

Per quanto la condivisione del principio di pari opportunità tra donne e uomini faccia, ormai, parte del patrimonio identitario e normativo del mondo occidentale, la sua realizzazione pratica e quotidiana sconta ancora un'arretratezza che va anche a impattare sulla capacità di sviluppo socioeconomico: i maggiori impegni che sostengono le donne nel lavoro domestico e di cura, le discriminazioni e le difficoltàin campo lavorativo e sociale, nell'accesso a posizioni di potere, non hanno solo un impatto negativo in termini individuali, ma costituiscono elementi di rigidità e di arretratezza del sistema, tali da impedire alla popolazione femminile di contribuire pienamente al processo di crescita e di sviluppo socioeconomico complessivo. Leggere i bilanci degli enti pubblici in chiave di genere è, dunque, un importante strumento di mainstreaming che consente di analizzare e contribuire a ridurre le disuguaglianze di genere attraverso un esercizio di trasparenza, democrazia e rendicontazione della gestione e distribuzione delle risorse pubbliche, a vantaggio dell'intera collettività. In tal modo, gli amministratori possono essere maggiormente consapevoli delle conseguenze del loro agire su donne e uomini, per poter condurre un'azione politica non solo più equa, ma anche più efficace ed efficiente.

L'esperienza internazionale sul bilancio di genere, che ha una storia già abbastanza consolidata, ha proposto di rileggere l'attività dell'ente misurandone, per quanto possibile, i risultati e l'impatto sulla vita di donne e uomini rispetto a un modello di analisi che è stato chiamato delle "3 E": Equità, Efficienza, Efficacia.

  1. Equa. Perchè, riflettendo sulle disuguaglianze e differenze di donne e uomini, può intraprendere iniziative finalizzate a un migliore utilizzo di risorse che ne garantisca un'equa distribuzione rispetto ai differenti bisogni e necessità di uomini e donne.
  2. Efficace. Perchè la conoscenza dei diversi bisogni di donne e uomini consente una capacità di risposta più puntuale, ampia e mirata.
  3. Efficiente. Perchè, allargando il numero dei beneficiari dell'intervento pubblico e considerando anche i costi indiretti delle politiche, consente un migliore rapporto costibenefici, ottimizzando il risultato ottenuto in termini di costo del servizio per cittadino, e riducendo lo spreco di risorse per servizi non adeguatamente sfruttati.

Esiste, comunque, una difficoltà non solo culturale, ma anche tecnica nell'affrontare una lettura di genere delle politiche pubbliche: le differenze tra donne e uomini sono, infatti, trasversali a ogni possibile variabile analizzata, che sia di tipo anagrafico (gli anziani, i ragazzi e i bambini sono donne e uomini), occupazionale (i lavoratori e i disoccupati sono a loro volta donne e uomini), e così via.

Se i bisogni dei cittadini non sono "neutri" nell'accezione sopra riportata, è immediato considerare che neanche le politiche possono essere neutre, né tanto meno l'allocazione delle risorse finanziarie e i servizi erogati. In particolare, i bilanci degli enti pubblici sono il risultato di una serie di mediazioni e di negoziazioni tra gli amministratori e la popolazione, sulle quali il sistema sociale ed economico di una comunità ha indubbiamente un peso considerevole, non solo quale risultato del patto elettorale con i cittadini, ma anche nella quotidiana azione di pressione che gruppi economici e sociali di interesse possono esercitare sull'ente pubblico. Se i bilanci e le assegnazioni delle risorse rispecchiano le esigenze delle varie componenti del sistema sociale ed economico, è immediato considerare come le disuguaglianze tra donne e uomini finiscano inevitabilmente con il riflettersi sulla struttura dei bilanci degli enti.

L'analisi di genere del bilancio è, dunque, uno strumento che consente di:

  • promuovere la consapevolezza degli amministratori pubblici sull'impatto di genere delle decisioni di allocazione delle risorse realizzate dalle politiche e dai bilanci pubblici;
  • contribuire a ridurre le disuguaglianze di genere attraverso una distribuzione più equa delle risorse finanziarie;
  • rafforzare la trasparenza nell'utilizzo delle risorse collettive e la partecipazione della società civile nella comprensione delle implicazioni delle scelte di bilancio;
  • far emergere le esigenze della popolazione e del territorio di riferimento (domanda) e verificare la coerenza e l'efficacia della risposta dell'ente in termini di programmi e servizi (offerta);
  • verificare se l'impegno dell'ente per l'uguaglianza di genere si traduce in effettivi impegni di bilancio;
  • migliorare i livelli di efficacia, efficienza, equità della spesa pubblica;
  • promuovere lo sviluppo del territorio e delle sue risorse (umane, socio-economiche, ambientali etc.);
  • sviluppare basi informative disaggregate per genere e indicatori gender sensitive.

L'analisi di genere del bilancio si propone, quindi, di riequilibrare l'assegnazione delle risorse, mettendo in luce le capacità di risposta dell'ente rispetto ai bisogni di donne e uomini.

Il bilancio di genere nel quadro internazionale

Il bilancio di genere nasce come strumento di attuazione della strategia di gender mainstreaming che, dagli anni 70 in poi si è consolidata quale approccio guida nelle politiche di pari opportunità. L'approccio di mainstreaming di genere si pone l'obiettivo d'integrare la prospettiva di genere in ogni politica e in ogni fase del ciclo della politica, sia orizzontalmente, tra le diverse aree di intervento, sia verticalmente, per tutti i livelli di intervento. Il mainstreaming implica cambiamenti e innovazioni nel processo decisionale: in particolare, la partecipazione attiva delle associazioni e degli organismi di rappresentanza femminile, l'implementazione di sistemi di raccolta di dati disaggregati per sesso e di valutazione ex-ante ed ex-post dell'impatto potenziale di genere delle politiche pubbliche.

Il primo paese a sperimentare il bilancio di genere a livello nazionale è stata l'Australia nel 1984, seguita, negli ultimi vent'anni, da circa una quarantina di altri paesi. Tra i più attivi si citano: il Sudafrica, Il Canada, la Gran Bretagna, la Francia, Israele, la Svezia, la Svizzera, la Norvegia, la Danimarca, i Paesi Baschi. Su impulso di queste prime sperimentazioni, anche le istituzioni internazionali hanno cominciato a recepire il bilancio di genere quale strumento di attuazione di politiche rispettose delle pari opportunità. La Quarta Conferenza Mondiale di Pechino (1995), preceduta da una nutrita serie di iniziative internazionali per la promozione delle pari opportunità e i diritti delle donne1, e punto di riferimento fondamentale per ogni politica di pari opportunità, ha sancito ufficialmente il valore del bilancio di genere quale strumento di attuazione del mainstreaming.

Nel documento conclusivo, la "Beijing Platform for Action", si può leggere: "(Obiettivo strategico A1): Esaminare, adottare e perseguire politiche macroeconomiche e strategie di sviluppo che riconoscano i bisogni delle donne [.] Ridefinire l'allocazione della spesa pubblica al fine di promuovere le opportunità delle donne e il loro accesso alle risorse produttive, riconoscendo i loro bisogni fondamentali nel campo sociale, della formazione, e della salute. (Obiettivo strategico F1): [...] Facilitare, ai vari livelli, processi di redazione dei bilanci più trasparenti e adeguati [. .con] l'integrazione di una prospettiva di genere nelle politiche e nella programmazione di bilancio, così come il finanziamento di programmi specifici per perseguire le Pari Opportunità fra uomini e donne".

L'Unione Europea, che ha recepito le indicazioni emerse nella conferenza di Pechino nelle proprie strategie per promuovere le pari opportunità, ha iniziato a impegnarsi nella promozione del bilancio di genere a partire dal 2001. Nel 2002 l'on. Fiorella Ghilardotti è stata incaricata di presentare una relazione al Parlamento Europeo sul gender budgeting, nella quale è stato chiesto:

(14) "... alla Commissione, agli Stati membri e ai governi locali e regionali di attuare il gender budgeting . che la strategia del gender budgeting divenga una "procedura parlamentarizzata" all'interno del Parlamento europeo e dei parlamenti nazionali, regionali e locali, avendo particolare riguardo ai paesi in via di adesione";

(17) ". agli Stati membri di utilizzare e di promuovere l'applicazione degli strumenti e metodi del gender budgeting (accompagnati da statistiche specifiche disaggregate per genere, indicatori e benchmark sulla parità tra i sessi) in modo che le politiche di bilancio volte alla raccolta e alla spesa di denaro siano strutturate e attuate con l'obiettivo di promuovere la parità tra uomini e donne".

Nel dicembre 2003 è stata infine emessa la Risoluzione del Parlamento Europeo Pari Opportunità tra uomini e donne 1.3.30. sul "gender budgeting - La definizione dei bilanci pubblici secondo la prospettiva di genere". Nel marzo 2006, in occasione dell'anno europeo per le Pari Opportunità, è stata redatta una Road Map2 per le strategie della UE per le Pari Opportunità, tra le quali il bilancio di genere viene espressamente citato.

L'esperienza italiana

In Italia il principio di pari opportunità, garantito dalla Costituzione all'Art. 353, ha trovato un rinnovato impulso alla sua attuazione concreta grazie alla modifica dell'articolo 51 intervenuta nel 2003, che prevede un'attiva promozione, da parte degli enti pubblici, del principio di pari opportunità. Il nostro Paese, dunque, ha pienamente recepito le strategie e le indicazioni seguite ai lavori della Quarta Conferenza Mondiale di Pechino4 e, ispirandosi alle prime sperimentazioni di carattere europeo, ha cominciato anch'esso a impegnarsi nella redazione dei bilanci di genere a partire dal 2001.

A differenza degli altri paesi dove le iniziative sono sempre state di livello nazionale, in Italia si è assistito a un processo inverso, che ha visto le prime sperimentazioni iniziare a livello locale, a opera di Province e Comuni. Il motivo di questa anomalia italiana è da ricondursi alle specificità che caratterizzano il nostro ordinamento e sistema pubblico: certamente la maggiore "vicinanza" degli enti locali al cittadino, la maggiore responsabilità diretta in termini sociali, le maggiori competenze attribuite per il processo di decentramento delle funzioni, hanno creato i presupposti per una maggiore sensibilità rispetto alla rendicontazione sociale e, di conseguenza, all'approfondimento di genere.

Il ruolo dei Comuni nelle politiche di genere

Nel quadro istituzionale complessivo, i Comuni rappresentano l'ente locale più vicino al cittadino dal punto di vista quotidiano, poichè le competenze ad essi attribuite incidono direttamente sulla qualità della vita di donne e uomini. Rispetto alle specificità delle politiche di genere, le competenze in materia sociale, i servizi per bambini, per anziani, per le fasce deboli e la famiglia in generale hanno, senza dubbio, un impatto ben diverso sulla qualità della vita dei cittadini, a seconda che siano donne o uomini.

Non a caso, dunque, una ricerca del Censis ha evidenziato una differente percezione tra donne e uomini della significatività dell'azione comunale: il livello più elevato è stato, infatti, attribuito dalle donne (29,8%), contro il 20,5% di uomini, e dalle persone nelle fasce di età più interessate alle attività di cura per la famiglia e i bambini, vale a dire tra 30 e 44 anni (29%) e tra 65 e 85 anni (28,3%). Nel dettaglio della percezione dei maggiori fattori di disagio territoriale da parte dei cittadini, le differenti valutazioni di uomini e donne hanno confermato l'impatto differenziato delle varie aree di intervento comunale. Le donne sono, infatti, particolarmente sensibili alle disfunzioni dei servizi pubblici essenziali (32,3% contro il 25,9% degli uomini), e lamentano in misura superiore la carenza di servizi pubblici di trasporto (26,8% contro il 23,6% degli uomini), la scarsità di parcheggi (34,1% contro il 31,1% degli uomini), la carenza di sedi di incontro e di aggregazione sociale (9,3% contro il 7%), l'assenza di aree verdi (11,1% contro il 9,8%) e di infrastrutture sportive (6,1% contro il 4,3%). Al contrario, gli uomini sono particolarmente sensibili alle situazioni di degrado sociale (13,2% contro l'8,9% delle donne) e alla presenza di immigrati (18,6% contro il 15% delle donne). Una valutazione pressoché identica è stata data, invece, delle problematiche relative alla carenza dei servizi alla persona, al degrado ambientale e agli orari di apertura dei negozi e dei servizi.

La valutazione soggettiva espressa dai cittadini trova una sua corrispondenza con la lettura oggettiva dei dati di genere relativi all'impatto su donne e uomini delle varie aree di attività dell'ente locale, anche se spesso tale esercizio di analisi si rivela difficile. Il principio del gender mainstreaming, che il bilancio di genere persegue, richiede, infatti, una visione di genere in grado di cogliere l'effetto su donne e uomini, relativamente ad ogni ambito di azione dell'ente. La mancanza di dati disaggregati per genere e di adeguati studi e ricerche impedisce, spesso, di avere gli strumenti per valutare l'impatto di tutte le aree di intervento, anche perchè, di frequente, si manifesta a distanza di tempo e in modo indiretto. I numerosi studi, ricerche e approfondimenti condotti a livello internazionale e nazionale, anche se non sono riferibili al territorio in esame, permettono comunque di affinare una capacità di riflessione e di lettura delle dinamiche di genere, che certamente conducono a una più consapevole azione politica.

Alcune aree di intervento comunale, ad esempio quelle per la famiglia, offrono una percezione immediata del maggior beneficio che possono apportare alle donne, mentre in altri casi, ad esempio nel settore dei trasporti, sicurezza ambientale, sport, cultura, la lettura di genere deve necessariamente appoggiarsi a conoscenze e competenze specifiche sulle differenze di genere. Pur con le conosciute difficoltà finanziarie nelle quali si dibattono gli enti locali in questi anni, e nonostante i vincoli all'indipendenza finanziaria, le capacità di intervento dei Comuni nelle politiche di genere possono essere particolarmente incisive e capaci di intervenire con efficacia sulla qualità della vita di donne e uomini.

Un'importante definizione del ruolo degli enti locali rispetto alle politiche di genere è stata espressa nella "Carta Europea delle donne nelle Città", nella quale si individuano i principali elementi e fattori cruciali che maggiormente influenzano la vita delle donne nelle città, e che possono essere considerati come principi totalmente condivisi e accolti nel bilancio di genere:

  • la ripartizione del lavoro di cura e la possibilità di accesso al lavoro;
  • il numero e la qualità dei servizi, dei servizi comuni e, in particolare, di quelli relativi alla cura dei bambini;
  • l'accesso ai luoghi decisionali della città, alla cultura e al tempo libero;
  • la sicurezza e la lotta contro tutti i fattori di non sicurezza della città;
  • L'incremento della mobilità, cioè scelte più democratiche e concrete tra trasporti individuali e collettivi;
  • la qualità e la difesa del territorio.

L'istituzione, dal 1° gennaio 2015, della Città metropolitana di Milano e la sua funzione di coordinamento di politiche pubbliche orientato alla promozione dello sviluppo economicosociale, sono certamente un'occasione per riprendere una modalità di programmazione dell'utilizzo delle risorse anche in un'ottica di genere che, per le ragioni sopra esposte, produce un miglior utilizzo delle risorse disponibili.

Conclusione

Il concetto di genere, se utilizzato come un indicatore della condizione socio-culturale - e non biologica - delle persone, può efficacemente fungere da criterio di valutazione e d'indirizzo delle politiche, non solo sotto il profilo dell'uguaglianza e delle pari opportunità tra uomini e donne, ma anche delle sue ricadute sulla società nel complesso e sull'attrattività di un territorio. Un territorio è attraente e sostenibile quando è capace di sviluppare le sue risorse umane, socioeconomiche e ambientali, quando è in grado di agire per semplificare e facilitare l'accoglienza, l'insediamento e lo sviluppo di nuclei famigliari, università, servizi, attività commerciali e imprese. Risorse umane, finanziarie e tecnologiche sono disposte a dirigersi in un certo territorio se questo è competitivo, cioè se è in grado di prospettare adeguati benefici in termini economici, sociali e ambientali alle risorse impiegate. Ebbene, l'applicazione di un'ottica di genere al governo di un territorio porta a tali benefici. Il gender mainstreaming, infatti, fa in modo che uomini e donne possano beneficiare in egual misura degli effetti delle scelte di governo di un territorio. E lo fa attraverso il gender budgeting, ovvero l'applicazione del principio di gender mainstreaming nelle procedure di bilancio.

Richiamo come esempio l'esperienza avviata a Vienna a partire dagli anni '90, con più di sessanta progetti pilota nel campo della pianificazione urbana attenti al genere. Il primo intervento realizzato fu un complesso residenziale women-work-city, progettato da e per le donne nel ventunesimo distretto della città. Al suo interno si trovano aree verdi per il gioco dei bambini, un asilo, una farmacia e uno studio medico, strutture che rispondono all'obiettivo di rendere più facile la vita delle donne divisa tra lavoro e funzioni di cura. Lo sviluppo successivo di questa idea ha riguardato la progettazione delle aree verdi. Avendo registrato che le ragazze erano meno propense a utilizzare gli spazi aperti, poichè spesso scoraggiate dall'invadenza maschile, la nuova progettazione dei parchi della città ha introdotto sentieri per migliorare l'accessibilità, aree per le diverse attività sportive e accorgimenti per la suddivisione degli ampi spazi aperti. Ora, non è difficile constatare quanto numerosi siano i gruppi di persone, differenti per sesso ed età, che frequentano i parchi di Vienna. Anche sul versante del trasporto pubblico e del miglioramento dei percorsi pedonali l'approccio di genere ha dimostrato di produrre risultati notevoli. Marciapiedi più spaziosi e meglio illuminati e infrastrutture che facilitano l'accesso alle intersezioni del trasporto pubblico sono interventi che discendono dalle rilevazioni fatte, dalle quali era emerso che, mentre la maggioranza degli uomini utilizzava l'automobile o il trasporto pubblico due volte al giorno per il tragitto casalavoro, le donne avevano bisogno di una pluralità di spostamenti legati soprattutto al ruolo di cura.

Le persone, di diverso genere, età, condizione economica, sociale e culturale, hanno modi diversi di usare lo spazio urbano. Se, dunque, le scelte politiche e, di conseguenza, i bilanci e le assegnazioni delle risorse, rispecchiano le esigenze delle varie componenti del sistema sociale ed economico, è immediato considerare come le disuguaglianze tra donne e uomini finiscano inevitabilmente per riflettersi sulla struttura dei bilanci degli enti. Si tratta, molto concretamente, di accorciare le distanze tra le strutture fisiche che costituiscono la città e i suoi utilizzatori in relazione alle loro diversità. Un territorio che accorci le distanze significa più servizi, attività commerciali, spazi e trasporti pubblici, vicino ai luoghi dove le persone vivono e lavorano. Ciò vuol dire più spazio pubblico in termini di quantità e accessibilità, un'idea di mobilità che consenta a tutti di spostarsi agevolmente e in sicurezza, una forte integrazione tra residenze, servizi e funzioni urbane, una particolare attenzione per i bisogni delle persone.

In altri termini, un territorio che utilizza le necessità delle donne come indicatore per le sue trasformazioni finisce per essere più attento ai bisogni della società e delle sue diverse componenti, diventando così più attraente e sostenibile.


* Arianna Censi è stata Consigliere Provinciale con una delega alle politiche di genere e oggi è delegata alla Mobilità e viabilità e alle Risorse umane della Città Metropolitana di Milano.


1 Tra gli accordi più importanti si ricordano: La Convenzione sull'eliminazione di ogni forma di Discriminazione contro la donna (Convention on the elimination of all Forms of Discrimination Against Women - CEDAW - ) (1979); La Conferenza Mondiale dell'ONU sulle Donne a Nairobi "Strategie future per l'avanzamento delle donne" (Forward Looking Strategies) (1985); Agenda 21 dell'UNCED ( United Nations Conference on Environmet and Development ), Rio de Janeiro, 1992; La Dichiarazione di Vienna sui Diritti Umani (1993); La Conferenza Internazionale delle Nazioni Unite sulla Popolazione e lo Sviluppo (Programme of Action), Il Cairo (1994); Il World Social Summit on Development, Copenhagen, (1995); Il Piano d'azione per lo Sviluppo di una Prospettiva di Genere del Commonwealth (Plan of Action on Gender and Development), (1995).

2 Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento Europeo, al Comitato Economico e Sociale Europeo e al Comitato delle Regioni - Una tabella di marcia per la parità tra donne e uomini 2006-2010 (SEC(2006)275) - http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ.do?uri=CELEX:52006DC0092:IT:NOT.

3 "Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.".

4 Direttiva del 7 marzo 1997, conosciuta come Direttiva Prodi-Finocchiaro, "Azioni volte a promuovere l'attribuzione di poteri e responsabilità alle donne, a riconoscere e garantire libertà di scelte e qualità sociale a donne e uomini".

Universitas Forum, Vol. 5, No. 1, Maggio 2016





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