Rosa Oliveras Gomez e Rosendo Mesias - Universitas Forum, Vol. 2, No. 1, September 2010
EDITORIALE
LESSENZIALE INVISIBILE AGLI OCCHI?

Rosa Oliveras Gomez* e Rosendo Mesias

Questo numero di Universitas Forum si concentra su due temi: la partecipazione e lo sviluppo locale. Come diversi degli autori qui pubblicati sottolineano, lo sviluppo locale viene sempre pi considerato come un mezzo che permette di risolvere molti degli aspetti negativi di un approccio centralizzato e top-down allo sviluppo e, in particolare, che promuove un ruolo attivo per i cittadini e le comunità locali in quei processi di sviluppo che hanno delle conseguenze dirette sulle loro vite. Pertanto, diventa necessaria un'analisi critica della relazione tra partecipazione e sviluppo locale. Cosa si intende con "partecipazione"? E con "sviluppo locale"? Che cosa si può imparare da esperienze pi o meno positive nei molti diversi contesti? Come queste esperienze possono contribuire, concettualmente e praticamente, a costruire un paradigma alternativo di sviluppo e a migliorare la pratica democratica?

I dieci articoli pubblicati in questo numero descrivono e analizzano esperienze dall'India, Marocco, Egitto, Italia, Canada, Cuba e l'America Latina in generale, a dimostrazione dell'interesse, l'universalità e la rilevanza di questo tema.

Lo sviluppo diventa sostenibile e partecipato

Il concetto e il significato di sviluppo si è evoluto negli anni e una panoramica storica mostra che, seppure ci siano state delle fasi positive, ci sono soprattutto dei fallimenti ben visibili. Di conseguenza i metodi e gli indicatori di sviluppo hanno seguito le diverse tendenze, prendendo in considerazione di volta in volta gli indicatori economici, sociali e ambientali, il diritto di prendere decisioni sulla propria vita e sull'ambiente che ci circonda ed anche le percezioni individuali. Anche se la nozione di sviluppo rappresenta un'aspirazione al miglioramento dell'umanità e, pi di recente, un'eredità e garanzia di una vita migliore per le generazioni future, si continua a discutere di questioni essenziali: di che tipo di sviluppo stiamo parlando? Chi è il soggetto dello sviluppo, e per chi viene progettato? Stiamo parlando dello stesso livello di soddisfazione per tutti? Chi ne viene escluso? Qual è il ruolo dello stato? Come si integrano le aspirazioni e gli interessi di tutti? Come raggiungere l'equilibrio? Come si ottiene una reale partecipazione? E soprattutto, come si raggiunge lo sviluppo?

A questo tema si stanno dedicando molto sforzi, che vanno da una gamma di punti di vista concettuali, in un mondo in cui le dinamiche di cambiamento sono esponenziali, fino agli sforzi quotidiani delle persone che provano a migliorare le loro vite utilizzando ciò che hanno per soddisfare i loro bisogni, interessi e aspirazioni quotidiani.

Fino alla prima metà del secolo scorso, a quello che molti considerano la nascita della società moderna, si pensava che i fattori economici e tecnologici fossero cruciali e che potessero guidare tutti gli ambiti della vita sociale, tanto che la crescita economica era ritenuta al centro dello sviluppo (Espino, 2006).

è a partire dalla fine della seconda guerra mondiale che le persone diventano consapevoli del fatto che i disequilibri nello sviluppo sono le ragioni del conflitto tra regioni e nazioni. Allora, con la nascita delle Nazioni Unite, lo sviluppo veniva considerato come uno strumento per rendere le nazioni uguali, ed una visione pi umana inizia ad emergere. Lo sviluppo veniva attribuito all'ambito nazionale e lo stato ne era il principale promotore; gli approcci e le politiche volti a raggiungere il livello di sviluppo desiderato dovevano necessariamente essere globali e mettere in secondo piano le specificità territoriali, il potenziale e il potere di trasformazione degli attori locali.

Esperienze fallimentari di sviluppo, come accadde in America Latina tra gli anni '60 e '80, hanno causato crescente disuguaglianza, acutizzato la povertà e la marginalizzazione, aumentato il debito estero e la dipendenza tecnologica, accelerato il degrado ambientale. Di fronte alla crescente globalizzazione, al ridotto coinvolgimento diretto dei governi e alla crescita graduale della società civile, è emerso il bisogno di comprendere e dare voce alle minoranze, alla diversità culturale, ai saperi locali (efficaci nel trovare soluzioni ai problemi quotidiani) e alle economie informali che contribuiscono al prodotto interno lordo della maggioranza delle nazioni. L'importanza di questa pluralità ha portato a considerare che la partecipazione attiva e l'impegno dei cittadini fossero dei fattori cruciali per avviare un processo di sviluppo virtuoso.

In contrasto con la percezione generale di sviluppo, le persone iniziarono a percepire il potenziale delle realtà locali, del loro patrimonio, risorse, individualità culturali, etniche e di gruppo. Il locale comincia ad apparire con forza sulla scena.

Con la consapevolezza dei rischi ambientali che stavano mettendo in gioco la vita del pianeta, lo sviluppo umano venne ridefinito e la sostenibilità divenne una responsabilità ineludibile per tutti. Così, il Programma di Sviluppo delle Nazioni Unite (United Nations Development Programme, UNDP) ha descritto lo sviluppo nei suoi rapporti della fine degli anni '90 come "sviluppo che non solo generi crescita economica, ma che distribuisca i suoi benefici in modo equo, che rigeneri l'ambiente piuttosto che distruggerlo, che contribuisca all'empowerment delle persone anziché alla loro marginalizzazione, aumentando le loro possibilità di scelta e opportunità, e che provveda alla loro partecipazione nelle decisioni che li riguardano. Lo sviluppo umano è un obiettivo da perseguire, ampliando le opportunità e aumentando il livello di benessere; riguarda sia la formazione di capacità umane che l'effettiva utilizzazione delle competenze acquisite.

Pertanto, si è evoluto un nuovo concetto universale di sviluppo, le cui caratteristiche essenziali (Espino, 2006) includevano dimensioni pi ampie: era un processo pieno di contraddizioni, passi avanti e indietro, che cercava di stimolare il potenziale individuale e collettivo per la crescita personale, in cui la diversità veniva vista come una risorsa universale da mantenere e massimizzare e la sostenibilità era un requisito essenziale per l'uso equilibrato di tutti i tipi di risorse naturali, culturali, umane, storiche e tecnologiche.

Il potenziale dello sviluppo si concentrava sulla capacità auto-trasformativa degli attori sociali di generare sapere e auto-organizzazione. La cultura (che incarna il modo in cui le persone vivono insieme in società) può essere incorporata nel concetto di sviluppo "come un modo sia di preservare la tradizione sia di generare opportunità per l'innovazione".Questo concetto enfatizza anche la dimensione territoriale dello sviluppo. Così, comprendere l'ambiente locale è diventato strategico in quanto questo fornisce una dignitosa integrazione sociale, possibilità accesso al benessere e, pi in generale una sinergia tra micro e macro scale; ci mostra inoltre il bisogno di creare attori a tutti i livelli della società.

Oggi è impossibile immaginare lo sviluppo senza le imprescindibili dimensioni economiche, politiche, sociali, ambientali, culturali e tecnologiche, senza incorporare la partecipazione, il contributo e l'impegno di individui, istituzioni e governi e senza tenere in considerazione l'indispensabile sostegno del territorio.

Ed è in questo senso che Enrique Gallicchio sostiene che "lo sviluppo locale come fattore per la democrazia e lo sviluppo sostenibile non accade per caso, ma è il risultato di una specifica situazione ed è una strada diversa e alternativa allo sviluppo nazionale, regionale e territoriale, sostenuto dalle politiche nazionali e dall'autonomia locale all'interno di un unico quadro istituzionale". Aggiunge anche che "lo sviluppo locale e il decentramento sono allo stesso tempo strategie e strumenti dello sviluppo. Non sono né un paradigma né una panacea. Il loro grande potenziale deriva dal fatto che rappresentano una strategia diversa per lo sviluppo".

Infatti, secondo Luciano Carrino, lo sviluppo locale partecipato è un mezzo per combattere la frammentazione, l'esclusione e la povertà causate dalla concentrazione di potere e ricchezza nelle mani di gruppi potenti che condizionano l'economia globale. Ma la parola "locale", suggerisce, contiene della ambiguità che mascherano diverse concezioni politiche di fondo e che rischiano di neutralizzare il potenziale di trasformazione della strategia di sviluppo locale. L'autore sostiene dunque la necessità di un approccio critico che investa la visione dello sviluppo locale partecipato della volontà di trasformare profondamente l'organizzazione delle società umane.

Enrico Fontanari propone uno strumento per lo sviluppo economico locale nelle aree urbane, quello che lui chiama "distretto culturale evoluto". Secondo l'autore, "lo sviluppo economico di un sistema e di un'area locale ha a che fare con la combinazione creativa di cinque forme di capitale: naturale, fisico, umano, sociale e simbolico". Questo crea le basi per il concetto di distretto culturale evoluto, basato su nuove attività produttive e su capitale umano dall'elevato valore aggiunto, come il design, le innovazioni tecnologiche e la creazione di nuovi prodotti.

Lo sviluppo locale richiede una pianificazione appropriata

"La ragione di un piano strategico", continua Fontanari, "è che può essere usato per determinare le migliori combinazioni per uno specifico contesto locale e creare le condizioni che permettano ad una tale combinazione di emergere da una sinergia tra i comportamenti e le decisioni degli attori locali".

E in effetti non è possibile progredire verso lo sviluppo senza una visione concertata del futuro e una proposta concordata sulla strada da percorrere. Improvvisazione e misure di emergenza non portano al progresso. Mentre il concetto di sviluppo si è evoluto attraverso i numerosi cambiamenti avvenuti, i concetti e i metodi di pianificazione hanno ugualmente subito delle variazioni significative.

Nel passato, la pianificazione veniva utilizzata dallo stato centralizzato per promuovere lo sviluppo, e organismi di tipo tecnico elaboravano e raccomandavano politiche e linee d'azione. La partecipazione era limitata a raccolte dati, consultazioni e presentazioni da parte di amministratori, ma con uno scarso coinvolgimento della popolazione. I piani a lungo termine si basavano su proposte generiche e in molti casi non poterono essere attuati perché il governo che li aveva elaborati non era pi in carica o, peggio, le proposte erano decontestualizzate dai cambiamenti interni ed esterni e dunque non erano pi valide.

La consapevolezza dell'opportunità offerta dalla molteplicità di attori individui e istituzioni -, le diverse e ambivalenti attitudini dei governi e della società civile verso la pianificazione e la consultazione, il buonsenso mostrato dalle persone nella costruzione del loro habitat, il potenziale delle risorse territoriali, il bisogno per ciascuno di essere coinvolto nella decisione su quale direzione seguire e la variabilità imposta dal cambiamento e da altri fattori portarono alla constatazione che erano necessari nuovi approcci e metodi per la pianificazione.

In primo luogo, la pianificazione diventò flessibile, a medio termine e ampiamente partecipativa: implicava non solo il prendere decisioni insieme sulle direzioni future e l'intensità dell'azione, ma anche il tenere in considerazione il bisogno di ognuno di raggiungere i propri obiettivi. Divenne sempre pi semplificata, includendo funzioni di guida sulle decisioni da prendere, la riduzione dei tempi di implementazione per coincidere con i mandati di governo e, soprattutto, promuovendo la partecipazione dei cittadini e delle istituzioni, selezionando e prendendo decisioni su ciò che veniva ritenuto essenziali e tentando di assicurare che gli sforzi della comunità erano e sarebbero stati rivolti a questi obiettivi collegiali. Come sostiene Davidson (1996), "una buona pianificazione può stimolare uno sviluppo efficace, efficiente e creativo".

e reale partecipazione

Perché alcune persone hanno continuato a prendere decisioni, per quanto con le migliori intenzioni, sulle sorti dello sviluppo voluto da altri? Per chi è lo sviluppo e qual è il suo obiettivo se non quello di creare benessere per le persone e per il pianeta? Può sembrare ingenuo, ma solo le risposte a queste questioni posso guidarci verso un concetto di sviluppo e verso il suo compimento in modo ordinato e logico, attraverso la pianificazione partecipata. La partecipazione nel processo di decision-making congiunto è riconosciuta come una dei capisaldi per la costruzione di una società democratica ed è un diritto riconosciuto.

Ma come alcuni degli articoli illustrano, "partecipazione" può essere interpretata in diversi modi e non è necessariamente uno strumento per contribuire all'empowerment delle persone che sono solitamente escluse dal processo decisionale. Basandosi sul concetto di "empowered participatory governance", Marguerite Mendell discute del concetto di partecipazione, distinguendo tra il coinvolgimento dei cittadini come processo di consultazione pubblica e le cosiddette "comprehensive community economic initiatives" come fonti di empowerment politico ed economico e di innovazione istituzionale. Sia Mendell che Carrino concordano sul fatto che senza informazione, spazi appropriati per la concertazione tra istituzioni e attori sociali e la capacità di influenzare l'uso di risorse pubbliche per questioni di interesse comune, la partecipazione non contribuisce all'empowerment: è solo "una cacofonia di voci che generano rumore".

Nella nostra esperienza in America Latina, partecipazione ha significato cooperazione tra persone che perseguono degli obbiettivi da loro prefissati; ed ha incluso il lavoro collettivo di persone sia nell'identificare gli obbiettivi sia nel definire le modalità per raggiungerli, prendendo parte, in questo modo, al decision-making. Poiché questo ha a che vedere con l'accettazione e il riconoscimento degli "altri", è un modo di costruire processi integrando diversi punti di vista nella trasformazione della realtà. Permette inoltre di dare priorità ai bisogni e di definirli; significa cercare di realizzare le aspirazioni e fornire informazioni accurate su come raggiungere i risultati. Ed è pertanto un importante ingrediente in quasi ogni processo sociale e un modo ottimale per implementare le politiche sociali.

La partecipazione permette non solo ai bisogni e alle aspirazioni di ogni gruppo di popolazione di essere presi in considerazione, ma è anche un modo di raggiungere compromessi e di trovare soluzioni perseguibili e appropriate ai problemi comuni. L'impegno e il coinvolgimento nel contribuire alle idee e nell'elaborarle contribuisce a mantenere quello che ognuno si è sforzato di creare. Così, l'impegno degli attori locali, con i loro ruoli e le loro risorse, è un fattore per la sostenibilità e un punto di partenza fondamentale per lo sviluppo di processi partecipativi. Inoltre, questa azione collettiva alla ricerca di obbiettivi, la cooperazione che promuove e la comunicazione tra i diversi attori che facilita sono ugualmente importanti per il consolidamento del senso di appartenenza e di responsabilità individuale e collettiva come illustrato, ad esempio, da Andrea Nobili e Federica Di Pietrantonio nel loro articolo "Il Piano Strategico della città di Vibo Valentia: un'esperienza condivisa", dove descrivono la strategia utilizzata che ha coinvolto una pluralità di attori e di interrelazioni a livello macro e micro.

Facilitare la partecipazione di cittadini in un qualsiasi processo è difficile, che riguardi la pianificazione, l'elaborazione o l'intervento comunitario. E maggiori sono la scala e la portata dell'oggetto in questione, maggiore è la difficoltà. Ma a livello locale è pi semplice; soprattutto il processo contribuisce a portare la classe politica pi vicina alle realtà della vita quotidiana, creando un clima favorevole per lo scambio, la credibilità e la cooperazione.

L'abilità nel partecipare, tuttavia, è una competenza acquisita, non innata. In relazioni umane e interpersonali complesse all'interno e all'esterno dell'ambiente locale, la partecipazione ha a che fare anche con l'attitudine all'apprendimento. Questo vale non solo per la popolazione ma anche, e soprattutto, per gli esperti e i politici. Inoltre, i ruoli asimmetrici tradizionali hanno messo a repentaglio il dialogo, la comprensione e l'empatia di coloro che di solito prendono le decisioni, il che rende pi difficile per loro "disimparare" per avviarsi verso un'attitudine di condivisione che, naturalmente, implica il "cedere il potere". Gallicchio ci dice che "le sfide sono nuove e riguardano, tra le altre forme di azione, lavorare con la complessità, governare attraverso reti piuttosto che gerarchie, guidare grazie alla capacità di influenzare anziché all'esercizio dell'autorità, relazionarsi alle persone pi che dare ordini" - e questo è applicabile anche al campo tecnico.

Nel descrivere la sua esperienza di pianificazione partecipata a livello di governo locale nello stato del Bengala occidentale, Dilip Kumar Ghosh sottolinea che la partecipazione non può essere ridotta ad un mero processo burocratico di consultazione formale o a ciò che lui considera "interventi di tipo orizzontale in un'organizzazione amministrativa essenzialmente verticale". La sua esperienza ci mostra che, affinché la partecipazione funzioni, è necessario garantire fiducia, credibilità, un adeguato contesto culturale, interessi consistenti, evitando i grovigli burocratici ed incoraggiando l'impegno attraverso quei settori che sono pi vicini alla popolazione.

Anche Elena Piffero si concentra sul contesto culturale per la partecipazione. L'autrice analizza criticamente la sua esperienza di attuazione di processi di sviluppo urbano partecipato in alcune delle aree urbane informali del Cairo, in Egitto, chiedendosi quanto sia fattibile promuovere forme di sviluppo partecipato in contesti autoritari quali l'Egitto post-socialista, dove le reti di patronage permeano l'intero processo di negoziazione socio-politica. è possibile per un'agenzia di cooperazione internazionale superare l'attitudine di opposizione alla partecipazione sia delle autorità di governo sia delle organizzazioni della società civile?

Ada Guzón, dall'altro lato, descrive lo sviluppo locale in diverse municipalità cubane, dove il coinvolgimento del governo può far acquisire consapevolezza, contribuire ad incorporare strategie fissate e articolare la gestione dello sviluppo locale, utilizzando e migliorando strutture e meccanismi stabiliti e valorizzando l'integrazione a livello locale. L'autrice prosegue sostenendo che "non c'è niente di meglio di questo: l'identificazione del bisogno di cambiamento e la determinazione politica sono i punti di partenza. Ciò che dobbiamo fare, dunque, è promuovere 'circuiti innovativi', dove il sapere necessario per creare soluzioni coincida con il bisogno di soluzioni".

Infatti, una delle lezioni apprese in 22 anni di lavoro nelle comunità urbane de L'Havana è il ruolo importante giocato da professionisti adeguatamente formati. Rosa Oliveras sottolinea l'importanza di rendere consapevoli dell'utilità della pianificazione e della comprensione del processo, partecipando al processo di decision-making e cercando di mantenere la motivazione nel corso del tempo, grazie ad una squadra di tecnici che consiglia e aiuta i partecipanti nell'organizzazione del processo. In maniera altrettanto importante, azioni simultanee furono intraprese per dare credibilità ai piani in preparazione e, soprattutto, per favorire ed accelerare la crescita personale e comunitaria.

Esperienze pi recenti, come quella in corso in Marocco descritta da Bachir Mokrane, si stanno sviluppando sulla base di queste lezioni e stanno adottando molti degli strumenti sviluppati, inclusa la creazione di strutture tecniche intermediarie per favorire la partecipazione ed aumentare le competenze di gestione e di pianificazione comunitaria e, soprattutto, scambiare esperienze e buone pratiche con i partner della cooperazione decentrata di tutto il mondo.

Ci auguriamo che questo numero di Universitas Forum possa contribuire alla comprensione di un tema così ampio. Soprattutto, la volontà e l'energia sono quello che rende la partecipazione nello sviluppo locale un obbiettivo essenziale che è visibile agli occhi.

Riferimenti bibliografici

Davidson F. (1996) 'Planeamiento para la actuación: requerimientos para un desarrollo sustentable'. Hbitat Internacional.
Espino M.P (2006) Apuntes sobre el concepto de desarrollo y su dimensión territorial. Havana: Edit. Academia


*Rosa Oliveras Gomez, psicologa, lavora nel "Grupo para el Desarrollo Integral de la Capital" (GDIC) e si occupa di consulenza, formazione e supervisione dei 20 team di sviluppo comunitario nel territorio de L'Havana, coordinando lo sviluppo e l'elaborazione dei 20 Piani Strategici Comunitari e del Piano Strategico de L'Havana. è membro della Red Iberoamericana "Tecnologas Sociales para la Producción Social del Hbitat", che afferisce al Programa de Ciencia y Tecnologa para el Desarrollo (CYTED).

Rosendo Mesias, architetto, ha coordinato la Red "Tecnologas Sociales y Producción Social del Hbitat", del CYTED. è programme officer del Programma di Sviluppo delle Nazioni Unite a Cuba.

Universitas Forum, Vol. 2, No. 1, September 2010





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